Attualità - 29 gennaio 2025, 16:03

Il Pinerolese perde il pioniere del Ramìe Giuliano Coutandin

È scomparso la settimana scorsa il viticoltore che ha rilanciato il vino simbolo di Pomaretto, gradito nel Seicento anche al Cardinal Richelieu

Giuliano Coutandin con la moglie Laura nelle vigne

Giuliano Coutandin con la moglie Laura nelle vigne

Nel Seicento era tra i vini preferiti del cardinal Richelieu. Ma con il tempo è diventato un vino per la tavola dei pomarini, lontano dai riflettori. L’intuizione e la caparbietà di Giuliano Coutandin, con l’aiuto della moglie Laura e del figlio Daniele ha scritto una nuova pagina di storia del Ramìe e con questa del territorio di Pomaretto e del Pinerolese. Il pioniere di questo vino eroico, prodotto da vigneti su pendii ardui, difficili da curare, si è spento la scorsa settimana all’età di 81 anni.

“Giuliano e Laura hanno lavorato per decenni al rilancio di quello che era diventato un semplice vino di famiglia senza spazio commerciale. Quando sono diventato sindaco, per la prima volta, nel 2009, mi hanno fatto capire molte cose e mi hanno dimostrato che questo rilancio si poteva fare – testimonia il primo cittadino Danilo Breusa –. La loro attività è stata determinante per tutti noi e dobbiamo riconoscerglielo”.

Giuliano revisionava macchine utensili di precisione, mentre la moglie lavorava in Comunità montana. La loro avventura inizia nel 1997 e coinvolge da subito il figlio, come forza lavoro.

“Hanno fatto una scelta di passione, perché amavano le sfide. Non avevano vigneti. Sono partiti da zero e hanno dovuto procurarseli” racconta Daniele. Si sono presi cura di viti storiche del territorio come Avanà, Avarengo, Chatus, Becuet e Barbera e il loro sogno di riportare il Ramìe a essere un vino rinomato nel mondo è riuscito, tanto che, malgrado le poche bottiglie prodotte l’anno, è arrivato anche sulle tavole di ristoranti famosi.

“Mio padre diceva che il primo degustatore era lui e voleva fare un vino sano. Un nettare che chi lo bevesse se lo sarebbe ricordato – rivela –. Da subito ha scelto di fare meno interventi possibili in vigna e non usare prodotti chimici, al massimo un po’ di rame e di zolfo”. Poi c’è stata la determinazione di portare le bottiglie ad assaggiare a diversi eventi e degustazioni in Italia e all’estero, come in Francia. “Il nostro prodotto ha incontrato consenso e abbiamo iniziato a vendere anche in paesi come Giappone o gli Stati Uniti. Alcuni grandi esperti lo hanno definito come spettacolare” ricorda con soddisfazione.

Daniele ha continuato l’opera dei suoi genitori, portando innovazioni, come la vite ad alberello curata con la potatura dolce del metodo Simonit & Sirch. Un modo per seguire lo sviluppo naturale della pianta. Ma di questi anni passati con il padre non mancano nemmeno aneddoti divertenti, tra le fatiche di vigna: “Io e lui ci siamo diplomati al corso di muretti a secco curato da Ferruccio Genre – sorride –. La nostra missione era recuperare il terreno e mio papà era un veloce costruttore di muretti a secco. Tanto che non riuscivo a portargli abbastanza pietre, per quanto era veloce”.

Marco Bertello

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