Attualità - 17 settembre 2024, 10:22

Nel suo tinello, come in aula, Dario Brussino insegnava la passione della musica

Trombettista originario di None, si era esibito alla Scala per l’Aida con Luciano Pavarotti. ‘Controfigura’ negli anni ottanta di Chet Baker. Per anni fu professore di musica nel Pinerolese

Il trombettista Dario Brussino

Il trombettista Dario Brussino

Aveva calcato il palco con i grandi del jazz e avvicinava gli studenti della scuola pubblica alla passione per la musica attraverso il flauto dolce, il tutto con un atteggiamento umile ma energico

con cui viene ricordato dagli amici. Dario Brussino, trombettista e autore di un metodo di insegnamento apprezzato sia dai musicisti jazz che classici, è morto nel pomeriggio di sabato 14 settembre al Pian della Regina, in Valle Po, dove era salito per una passeggiata con la fidanzata Martina. Colpito da un arresto cardiaco, a nulla è valso il trasporto in elisoccorso all’ospedale di Saluzzo. Aveva 68 anni ed era da appena un anno in pensione: dopo aver insegnato all’Istituto Corelli di Pinerolo, alla Scuola intercomunale di musica per 15 anni e in diverse scuole pubbliche come precario, era entrato di ruolo all’Istituto Caffaro di Bricherasio.

La ‘controfigura’ di Chet Baker e gli album di Mussolini

Originario di None, aveva vissuto per qualche anno a Cavour e ultimamente risiedeva a Pinerolo. “Durante le cene nel tinello di casa sua poteva capitarmi di sedere accanto a musicisti che avevano suonato con artisti di fama mondiale come Charlie Parker o Chet Baker. ‘Bruss’ era un pessimo cuoco, e aveva le sue debolezze, ma per me è stato un amico sincero, affidabile, e mi ha insegnato tutto quello che ora so sul jazz” racconta Manuel Lardaruccio che gestisce il negozio di dischi Rocker in via Duca degli Abruzzi a Pinerolo.

La carriera professionale di Brussino l’aveva portato nel 1986 a suonare nell’orchestra che alla Scala di Milano accompagnò Luciano Pavarotti nell’Aida che andò in mondovisione. Ma la sua passione era il jazz, tanto che una dei suoi due figli – Naima – deve il nome proprio ad una delle composizioni più celebri di John Coltrane. “La sua abilità era tale che faceva da ‘controfigura’ a Chet Baker durante le prove dei musicisti che lo accompagnavano nella tournée italiana. Una volta aveva anche aperto un suo concerto. Nel 1988 a Torino, quando Baker diede forfait poco prima di salire sul palco, i suoi musicisti furono tentati di sostituirlo proprio con Brussino per non perdere la data: era apprezzato per la bravura e la precisione” ricorda Lardaruccio.

Negli anni Novanta, inoltre, fu trombettista per diversi album di Romano Mussolini, pianista jazz, compositore, figlio di Benito Mussolini e Rachele Guidi: “Nel retro copertina di quei dischi appare anche come trombettista solista: un altro segno che è stato un musicista ‘enorme’” sottolinea Lardaruccio. Aveva inoltre suonato nell’orchestra della Rai.

Il suo mito era il trombettista e compositore jazz statunitense Miles Davis: “Penso abbia assistito ad una dozzina di suoi concerti, ma si è tenuto lontano da tutte le occasioni che ha avuto per conoscerlo: per lui era un mito e doveva rimanere tale”.

Il supplente con la Panda e l’esperienza bricherasiese

Brussino dovette abbandonare il palco per un problema alla schiena ed entrò nell’insegnamento. Oltre ad essere stato maestro all’Istituto di musica Corelli di Pinerolo, fu insegnate di musica in diversi istituti comprensivi pinerolesi: “È entrato nella scuola pubblica con le supplenze e per un po’ di anni ha fatto avanti e indietro tra i paesi a bordo della sua Panda azzurro chiaro – ricorda Lardaruccio –. Era così ben voluto dai suoi studenti che chiacchierare al suo fianco a spasso per Pinerolo era impossibile: venivamo sempre interrotti da chi lo voleva salutare. Proprio i ragazzi, sabato 14, dopo la pubblicazione del post in cui ne annunciavo la scomparsa, mi hanno tempestato di messaggi per sapere l’orario e il giorno del funerale” rivela Lardaruccio.

Massimo Damiano è stato suo collega all’Istituto comprensivo Caffaro di Bricherasiao dove entrò di ruolo: “Per certi aspetti eravamo lontanissimi: io insegno religione e lui musica, tuttavia dal punto di vista umano ci siamo ritrovati molto vicini e Dario per me è stato un buon amico”. Damiano, che ama la fotografia, rimpiange di non essere mai riuscito a ritrarlo come avrebbe voluto: “Ho ancora in testa la foto che avrei voluto fargli: seduto con in grembo la sua tromba e le maniche tirate su. Semplice come lo è stato lui”. Brussino avvicinò gli studenti delle medie al piacere della musica attraverso il flauto dolce: “Insegnava senza avanzare pretese dando importanza al processo dell’imitazione che poteva portare a buoni risultati. Intercettava inoltre il loro interesse scegliendo dei pezzi per niente banali” continua Damiano. Lui, assieme a numerosi docenti e genitori bricherasiesi, aveva assistito al concerto che nel 2018 vide gli studenti delle medie esibirsi nella chiesa parrocchiale di Bricherasio e che Brussino diresse. In quell’occasione suonò a sorpresa anche il figlio Jacopo.

Bosso, Boltro, ma anche Bandamania

Brussino è stato maestro di chi con la musica ha fatto carriera, come i trombettisti Fabrizio Bosso e Fabio Boltro e trascinatore di tanti che si sono dedicati allo strumento solo per passione. Hanno un suo affettuoso ricordo di lui in particolare i musicisti di Bandamania nata a Bibiana nel 1993. “Allora gli venne affidata la direzione della banda del paese che si chiamava ‘La società operaia’ e lui aveva una voglia di innovazioni che i componenti storici hanno fatto un po’ fatica ad accettare” ricorda Jessica Piccato che faceva parte del gruppo. Il suo modello, infatti, erano le big band, bisognava abbandonare le divise e le sedie: “Ma anche le classiche marce – continua Piccato –. Iniziammo fare blues, funky e rythm & blues”. Anche Carlo Degiovanni entrò in Bandamania: “Dario era diventato un vero e proprio punto di riferimento per i giovani che si avvicinavano alla musica. Era un creativo per eccellenza e amava innovare”. Attorno al gruppo gravitavano circa una trentina di musicisti ma non era facile trovare una sede per provare così si trasferirono per un breve tempo a Cavour e poi a Luserna San Giovanni dove la formazione si sciolse nei primi anni del Duemila. Quello all’Hiroshima Mon Amour, locale storico di Torino, viene considerato da molti come uno dei concerti migliori di Bandamania. “Nel 1996 registrammo anche un cd con i suoi precisi arrangiamenti – ricorda Piccato –. Dario era un grande musicista: quando suonava rimanevi incantato ed ha saputo trasmettere a tanti la sua passione”.

Da panettiere ed operaio a musicista

Senza passione Brussino non avrebbe potuto realizzare una carriera simile. “Aveva passato l’infanzia None e proveniva da una famiglia che non aveva molte possibilità economiche – rivela Lardaruccio –. Da piccolo fu vittima anche di un grave incidente: un pezzo di asfalto sollevato da un camion lo colpì violentemente in faccia, ferendolo tanto da rischiare la vita”. Lui parlava con affetto del padre e della madre che conservò sempre quel pezzo di asfalto, consegnandolo poi al figlio. In quel contesto la priorità non era imparare a suonare ma trovare un lavoro: “Fece per diversi anni il panettiere e poi l’operaio – aggiunge Damiano –. Si pagò gli studi al conservatorio Giuseppe Verdi di Torino con le proprie risorse, uscendone con il massimo dei voti”.

Il funerale di Dario Brussino si svolgerà, oggi, martedì 17 settembre, con partenza dalla camera mortuaria di Saluzzo alle 14,30 e con arrivo sul piazzale della chiesa parrocchiale SS. Gervasio e Protasio di None alle 15,30.

Elisa Rollino

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