Politica - 17 marzo 2020, 15:35

Coronavirus, ecco chi resta fuori dai 600 euro per le partite Iva: "Noi, messi in secondo piano"

Si tratta di tutte le categorie che non rientrano sotto la copertura previdenziale dell'Inps, ma a singole casse professionali. Toneguzzo (Ingegneri): "Forte disuguaglianza di trattamento. Il riferimento è solo indiretto e sibillino". Giuntoli (Architetti): "Spostare anche le scadenze da maggio a dicembre"

Coronavirus, ecco chi resta fuori dai 600 euro per le partite Iva: "Noi, messi in secondo piano"

"Seicento euro una tantum per il mese di marzo". Da un giorno esatto (è stato annunciato lunedì pomeriggio dal premier Giuseppe Conte) è questo uno degli argomenti più caldi in una società ormai costretta in casa dal Coronavirus e dai provvedimenti restrittivi del Governo.

A tanto ammonta la somma che, secondo il Decreto "Marzo", sarà destinata ai lavoratori non dipendenti in Italia, alla luce delle difficoltà economiche di queste settimane. Dunque partite Iva, da sempre ferita aperta quando si tratta di leggi e sostegno, ma anche lavoratori "titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa", iscritti alla Gestione separata e "non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie". Con loro anche gli operai agricoli a tempo determinato e i lavoratori dello spettacolo".

Un bonus che, per la fase di erogazione, chiama in causa direttamente l'Inps, cui le persone interessate dovranno fare richiesta per ottenere i soldi. Richiesta che poi sarà vagliata e verificata nella sua correttezza.

Così recita il testo diffuso dall'esecutivo. Ma chi resta fuori? I dubbi interpretativi sono molti. E questo non deve stupire, visto che si tratta di decreti di poche pagine redatti in tutta fretta sotto la pressione del momento e dell'emergenza nazionale. E che probabilmente saranno oggetto di ulteriori specifiche e approfondimenti. Ma allo stato attuale i punti interrogativi non mancano e la platea di coloro che potrebbe essere costretta a rimanere a guardare si annuncerebbe nutrita.

In attesa della versione definitiva del decreto, però, a occhio sembrano restare fuori soprattutto le cosiddette "professioni": lavoratori autonomi, sì (nella maggior parte dei casi), ma che facendo capo a casse previdenziali diverse dall'Inps non possono certo aspettarsi che la stessa dia loro dei soldi. Dunque, almeno in buona parte dei casi, si guardano intorno con grossi dubbi architetti e ingegneri, ma anche chimici, geologi, agronomi e biologi. E poi i farmacisti, i commercialisti, i ragionieri, i notai, i medici, gli psicologi, gli infermieri, i giornalisti, gli agenti di commercio e simili. Lavoratori, peraltro, che rispetto ad altri potrebbero avere qualche difficoltà anche nel poter dimostrare concretamente di quanto possa essere calato il proprio volume d'affari in un arco temporale così ristretto.

"La prima sensazione è di profonda disuguaglianza - commenta Alessio Toneguzzo, presidente dell'Ordine degli Ingegneri di Torino e provincia - perché tutto ciò che riguarda i professionisti non legati all'Inps compare in maniera indiretta e sibillina, rimandando a eventuali decisioni legate alle casse professionali. Evidentemente non siamo considerati tra le priorità, anche se comprendo le necessità di urgenza e di fare in fretta".

I numeri dicono di 7300 ingegneri solo a Torino e provincia, con un totale di 13mila in Piemonte e 240mila in Italia. "Ci hanno messo in secondo piano - aggiunge -, ma se questo vale per tutte le categorie professionali che si trovano nelle condizioni degli ingegneri iscritti a Inarcassa, all'interno della nostra realtà la situazione è ancora più complicata, considerando che se un 65% dei nostri iscritti sono legati all'Inps in quanto dipendenti, resta fuori al momento un 35% di autonomi, iscritti a Inarcassa, davvero corposo. Eppure tutti noi produciamo ricchezza e sapere per il Paese e meritiamo la stessa attenzione".

Quel che appare piuttosto probabile, tuttavia, è che questa apparente stortura possa trovare una correzione - se non nel decreto Aprile - già nella versione definitiva del Marzo o in successive circolari attuative che dovranno declinare una casistica più dettagliata delle situazioni. E allo stesso modo, saranno proprio le casse professionali, in questi giorni così convulsi, a chiedere delucidazioni e chiarimenti.

Di "discriminazione politica e intellettuale grave" parla anche Massimo Giuntoli, presidente dell'Ordine degli architetti di Torino, che spiega: "spero che le singole casse previdenziali provvedano. Ma l'effetto non è stato piacevole, perché i professionisti non sono certo un ceto così benestante da non meritare sostegno". E lancia una proposta: "Più che i 600 euro una tantum, poi, riterrei più utile utilizzare quelle risorse per un investimento strutturale per le categorie: incentivi alla digitalizzazione, oppure accessi gratuiti a bandi e gare e così via. Questo getterebbe basi importanti anche per il futuro, quando bisognerà ripartire".

E proprio sulla prospettiva temporale si innesca un altro ragionamento del presidente degli architetti: "Oltre il discorso dei 600 euro trovo ridicole le temporalità fiscali e tributarie fissate al 31 maggio: alcuni pagamenti, al momento, stanno ancora arrivando. Piuttosto sarà proprio maggio il periodo della crisi, in cui si dovrà ripartire e nel quale mancheranno risorse. Si scelga piuttosto il 31 dicembre 2020". Con un occhio alla burocrazia: "Il modello Genova, dopo il crollo del ponte, ha dimostrato di poter funzionare. Bisogna applicarlo anche al dopo Coronavirus, estendendolo a tutta Italia".

Sul tema del Decreto e sul trattamento relativo ai lavoratori autonomi Cna Torino, per voce del suo segretario Paolo Alberti, fa notare come "sia solo un primo passo. Le risorse non saranno sufficienti a proteggere lavoro autonomo e piccole imprese". E aggiunge: "Gli interventi a favore delle imprese, che spaziano dalla sospensione dei versamenti, al sostegno al credito, agli ammortizzatori sociali vanno indirizzati con maggiore incisività a favore del lavoro autonomo, delle attività di minore dimensione e delle filiere (turismo, trasporti, ristorazione, cinema e cultura) che più di altre stanno già subendo i colpi di questo blocco totale delle attività e degli incassi".

E Giorgio Felici, presidente di Confartigianato Piemonte, aggiunge: "E’ un provvedimento che apprezziamo, ma moltissimo resta ancora da fare, a partire dal rinvio dei versamenti del 16 aprile perché è facile prevedere che saremo ancora in un grave stato di necessità".

Massimiliano Sciullo

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