Da una settimana è a tutti gli effetti lusernese, ma nel suo cuore c’è ancora tanto Burkina Faso dove pensa di tornare al più presto per seguire i progetti avviati. Pier Giorgio Debernardi, vescovo emerito di Pinerolo, da pochi giorni si è trasferito a Casa Immacolata a Luserna alta, ex convento delle Figlie della carità di San Vincenzo de Paoli nello storico palazzo dei Conti di Luserna, poi ceduto alla Diocesi. Anche lì però non sfugge al ‘Mal d’Africa’ che gli impone di riprendere il volo.
La Val Pellice e il 17 Febbraio
Originario di Feletto, piccolo paese a una trentina di chilometri da Ivrea, Debernardi nel 2017, avendo rinunciato alla diocesi, si è trasferito a vivere nella parrocchia di Campiglione Fenile. Nel 2021, dopo la scomparsa del parroco campiglionese don Marco Silvestrini, si trasferì in seminario a Pinerolo per decidere poi spostarsi a Luserna San Giovanni: “D’altronde questa è una valle che ho frequentato tanto nei miei anni da vescovo. Soprattutto questa Casa, quando al tempo c’erano le suore di San Vincenzo, e poi non ho mai perso una sola celebrazione del 17 febbraio festeggiandola con i valdesi”.
Ottantacinquenne, Debernardi diventò vescovo a Pinerolo l’8 novembre del 1998: “La prima visita che feci alla chiesa valdese fu proprio il 17 febbraio dell’anno successivo a Villar Pellice dove era pastore Gianni Genre” racconta. Proprio a lui, assieme ad altri rappresentati della chiesa valdese, delle chiese evangeliche, della chiesa ortodossa rumena e ai musulmani pinerolesi, Debernardi ha dedicato il suo libro ‘Sentieri di speranza’ che raccoglie le sue riflessioni sull’ecumenismo e il dialogo interreligioso. Proprio quell’anno il 17 febbraio coincideva con il Mercoledì delle ceneri che per i cattolici segna l’inizio della Quaresima: “Avevo anche proposto di aspettare qualche giorno a iniziare la quaresima e partire il venerdì, anziché il mercoledì, per poter festeggiare assieme ai valdesi. Ma la mia proposta non era piaciuta” racconta con il sorriso.
Le lezioni africane
Le lezioni di ecumenismo più importanti Debernardi le ha ricevute forse in Burkina Faso: tra queste l’incontro con un vescovo nella cui famiglia convivevano fedi diverse: “C’era chi era cattolico, protestante, chi fedele all’Islam e chi credeva alle religioni tradizionali del Paese africano ma tutti andavano d’accordo”.
A proposito delle religioni tradizionali, ciò che ha apprezzato è stato il rapporto con i politeisti: “Sono persone docili: per loro è semplicemente una bellezza avere un dio in più”.
Debernardi frequenta assiduamente il Burkina Faso dal 2017, ma conosceva il paese già da prima: “Cominciai a frequentarlo nel 2002 al seguito dei sindaci pinerolesi e dei loro delegati per progetti di sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento”. A capo dell’associazione ‘Don Barra for Africa’ ha visto la nascita di scuole come la primaria del villaggio di Deiberé Nangué, la media a Gorom-Gorom e a Sebba, e della scuola di pace ‘Dudal Jam’ di Dori creata grazie alla collaborazione del vescovo di quella diocesi e dal grande Immam. L’associazione ha poi sostenuto il rifornimento di acqua potabile e per l’irrigazione in alcuni villaggi e le famiglie in difficoltà.
Terrorismo e aiuti
Colpito dalla vivacità della vita ecclesiale in Burkina Faso: “Qui abbiamo chiese belle ma vuote lì capannoni capaci di ospitare 4.000 persone pieni sia all’interno che all’esterno”, Debernardi ha negli occhi la disperazione delle famiglie causata dal dilagare del terrorismo jihadista nel nord del Paese. Era a Ouagadougou, capitale dello stato africano quando a gennaio del 2016 ci fu l’attentato all’hotel Splendor. “I primi anni che lo frequentavo, il nord era una regione povera ma tranquilla: stava iniziando un, seppur occasionale, flusso turistico che poteva rappresentare una risorsa”.
A partire dai primi attacchi, nel 2015, tutto cambiò: “Più di due milioni di profughi scapparono dalle zone più pericolose in un fenomeno di migrazione interna che ha provocato una crisi umanitaria senza precedenti”.
Da allora ciò a cui ha assistito nel Paese del ‘mango e della papaya’ sono scene angoscianti di vite e famiglie falciate dalla violenza del terrorismo come quelle vittime dell’attacco di Dablo del 2021: “Durante la fuga verso Kaya, Souleymane Sawadogo perse la moglie che venne violentata e uccisa dai terroristi davanti agli occhi dei due figli che da allora sono come impazziti. Zalissa Zongo invece rimase vedova e con otto figli a carico”. Debernardi racconta con soddisfazione il progetto di sostegno per le due famiglie che sono state aiutate a costruirsi una nuova casa e che la Conferenza episcopale ha preso a esempio per finanziare la costruzione di un’altra cinquantina di abitazioni per gli sfollati.
In attesa che i documenti siano pronti per la ripartenza verso l’Africa, Debernardi rivela di aver apprezzato l’accoglienza lusernese: “A differenza della città qui la gente ricambia i saluti e i sorrisi. Là non c’è più la vita ecclesiale che qui ritrovo. Inoltre il paese mi sembra più bello rispetto ai primi anni in cui lo frequentavo e il rapporto con la comunità valdese è decisamente cordiale”.