Era un uomo pratico, attento alle ‘questioni tecniche’, come al lato umano. Chi ha conosciuto Giancarlo Bounous ne traccia un ricordo appassionato e profondo di un gentiluomo e di un visionario. Classe 1947 è scomparso il 30 dicembre nella sua casa di San Germano Chisone, dopo un lungo male che l’ha colpito per la prima volta nel 1999, ma a cui lui non si è mai piegato, seminando sempre la gioia di vivere con un atteggiamento positivo.
Un cittadino del mondo legato alla sua terra
Originario della Val Chisone, ma cittadino del mondo, Bounous ha portato le sue competenze nelle zone più povere: “È stato impegnato in progetti di cooperazione e sviluppo in quello che un tempo si chiamava ‘Terzo Mondo’, paesi come il Madagascar o Capo Verde” racconta il figlio Michele. Numerose persone sono accorse al funerale che si è tenuto nel pomeriggio di oggi nel tempio valdese del suo paese, e molti, anche dall’altro capo del pianeta, hanno inviato messaggi di condoglianze. “È stato un ottimo marito e un ottimo padre, oltreché un riferimento per tutta la ‘famiglia allargata’ – spiega Michele –. Lui e mia mamma Anna hanno avuto la fortuna di amarsi tanto e di essere complici sia nella loro vita privata, sia sul lavoro, malgrado i settori differenti. Lui infatti, quando poteva, coinvolgeva lei, me e mia sorella Valentina nelle sue iniziative in giro per il mondo”. Ai figli ha trasmesso parte delle sue passioni: Michele è titolare di un vivaio, mentre Valentina è una ginecologa e docente all’Università di Torino, Dipartimento Scienze Chirurgiche.
Tra carriera universitaria e attaccamento alle origini
Bounous è stato ordinario di Arboricoltura Generale all’Università di Torino fino al 2014 e ha rivestito anche l’incarico di direttore del Dipartimento di Colture Arboree. Era un esperto internazionale di biodiversità, piccoli frutti e castagno. Ma, prima di fare carriera accademica, negli anni Settanta, ha lavorato anche come tecnico della Comunità montana: “Oltre a trasmettere informazione tecniche, cercava di aggregare il mondo agricolo delle nostre vallate e di farlo crescere con la formazione”. Un approccio che ha sempre contraddistinto il suo operato e che l’ha portato a diventare anche consulente Fao in zone del mondo come Siria o Israele.
Malgrado i suoi impegni all’estero e la sua vita dinamica, Bounous ha sempre avuto un forte rapporto con la sua San Germano e con uno dei suoi gioielli: il parco di Villa Widemann. “Ci dava una mano a titolo gratuito come consulente, quando c’erano da fare potature, nuove messe a dimora o sostituzione di piante – ricorda il sindaco Flavio Reynaud –. Era una persona pragmatica, ti chiedeva quali erano le risorse economiche e nel giro di qualche giorno arrivava con il progetto”.
Un accademico gentiluomo
A riconoscerne l’alto profilo accademico è Paolo Inglese, dell’Università degli Studi di Palermo e dell’Accademia di Agricoltura di Torino, che l’ha conosciuto nel 1988 a Reggio Calabria: “Era un ricercatore curioso, colto e attento alle realtà e alle tradizioni locali, alla biodiversità e tra i primi, nel nostro campo, a occuparsi, con i suoi giovani ricercatori, di sostenibilità, di Lca applicata alla frutticoltura (analisi del ciclo di vita per misurare l’impatto ambientale, ndr), di multifunzionalità. Il suo lascito scientifico è vivissimo”. Proprio Inglese ne elogia anche il lato umano, che era l’altra faccia della sua medaglia: “Un amico fraterno, per me, un gentiluomo leale per tutti, cortese, capace, attento e pieno di rispetto per i suoi colleghi e interlocutori”. Un ricordo commosso arriva anche dai suoi colleghi di Torino, che sottolineano: “Il principale insegnamento di Giancarlo è quello di volgere lo sguardo al di là dei confini dei nostri ruoli istituzionali e del settore disciplinare. Guardare oltre, parlare con la gente, capire i loro punti di vista, condividere esperienze e progettare insieme”.
Un sogno concreto a Chiusa Pesio
Uno dei suoi progetti simbolo è il Centro di Castanicoltura di Chiusa Pesio, di cui è stato fondatore: “Nel 2004, di fronte ad un grande prato nella bassa Valle Pesio, Giancarlo disse, con l’entusiasmo che lo caratterizzava: ‘Questo è il luogo ideale dove realizzare un Centro di ricerca per la Castanicoltura’. Ci lavorò incessantemente per anni ed in oltre due decadi quel prato si è trasformato nel Castanetum, contestualizzato in un Centro di ricerca unico nel suo genere, ora Centro Nazionale di rilevanza internazionale, dove, proprio come immaginava lui, ricercatori, castanicoltori, amministratori e vivaisti di tutto il mondo lavorano insieme per creare innovazione” ricordano Gabriele Beccaro, Gabriella Mellano e tutti i collaboratori del Centro. Un “visionario”, così lo definiscono, che “dietro la sua esteriorità talvolta austera, celava una profonda sensibilità e un grande senso di umanità. Era solito ricordarci che ‘nella vita si è prima Signori e poi professori’. Questo è stato il suo modo di essere e di lavorare con noi. Tante lezioni di arboricoltura e ancor più lezioni di vita: innumerevoli sono i motivi per ringraziarlo”.