Attualità - 15 dicembre 2024, 11:06

La passione, la caduta, le soddisfazioni e i rimpianti: i quarant’anni da vigile del fuoco di Caffaratti

Il suo ultimo giorno di servizio nel distaccamento di Luserna San Giovanni è stato martedì 26 novembre. Ora aiuterà la Croce verde di Bricherasio senza più ‘tirare il freno a mano’

Roberto Caffaratti

Non l’ha fermato una caduta rovinosa dal tetto, i mesi trascorsi ingessato a letto, l’apprensione che leggeva sul viso di sua moglie e sua figlia quando, poco prima di un evento importante, il telefono squillava per un’emergenza. Roberto Caffaratti, bricherasiese, ha dedicato quarant’anni a soccorrere le persone come vigile del fuoco di Luserna San Giovanni. Ha dismesso la divisa martedì 26 novembre, al compimento dei 61 anni, con una festa al distaccamento lusernese. Ma è già pronto ad indossarne un’altra: “Circa due anni fa un amico con cui gioco a padel mi ha invitato in Croce verde a Bricherasio e così ho cominciato ad occuparmi per loro di alcuni trasporti ma sempre ‘con il freno a mano tirato’ perché il mio impegno principale era quello di vigile del fuoco. Ora potrò ‘abbassare il freno a mano’ e dedicargli più tempo – sorride –. Sono sicuro che mi accoglieranno a braccia aperte”. Già nel 1984 era stata l’amicizia ad avvicinarlo al distaccamento di Luserna San Giovanni: “Ne facevano parte alcuni miei amici che mi spronavano: ‘Vieni a provare!” racconta. A ventun anni, quindi, Caffaratti entrò in un mondo di cui poi non riuscì più a fare a meno: “Ho cominciato ad appassionarmi e documentarmi. Ho scoperto che ormai ce l’avevo nel sangue”. Nel 2000 l’incidente in servizio che l’ha messo a dura prova: “Durante l’incendio del ristorante Americano a Bibiana a gennaio di quell’anno, caddi dal tetto. Rimasi a letto per mesi ingessato, ma appena mi diedero il via ripresi ad indossare la divisa” racconta. La sua passione è stato uno stimolo per guarire: “Mi impegnai a testa bassa nella fisioterapia e, quando cominciai a muovermi con le stampelle, i miei colleghi mi accompagnavano ogni volta in caserma per occuparmi del centralino” ricorda.

Nei suoi quarant’anni di volontariato Caffaratti ha assistito a cambiamenti radicali: “Ancora negli anni ottanta, quando ho iniziato, erano gli anziani in sede ad istruirti. Ora ci sono invece i corsi ufficiali da seguire”. Inoltre, sono aumentate le precauzioni per la sicurezza degli stessi volontari: “Pensa che i primi interventi li ho fatti in jeans, scarpe da ginnastica e con una giacca prestata da uno dei nostri anziani” afferma. Ma sono cambiati anche i motivi per cui vengono chiamati i vigili del fuoco: “Dai bambini rimasti chiusi in auto, ai caprioli incastrati nelle recinzioni delle case in collina, alle vipere che entrano negli spazi domestici... ormai facciamo un po’ di tutto. Un tempo, nei contesti come i nostri, lontani dalle grandi città, la gente tendeva ad aggiustarsi da sola. Ora invece chiamano noi”.
Angoscia e soddisfazione sono forse i sentimenti che più l’hanno accompagnato in questi anni: “Ci sono stati momenti tragici come durante le alluvioni o più frequentemente negli incidenti stradali. Poteva capitare che rimaneva coinvolto qualcuno che conoscevi e, mentre, durante l’intervento, riuscivo a mantenere il sangue freddo, a casa poi crollavo”. La sensazione più bella quando riusciva a liberare qualcuno rimasto bloccato: “Come quando riuscivamo a raggiungere un anziano con un malore rimasto chiuso in casa, oppure come quando ridavamo la libertà ad animali intrappolati in situazioni pericolose”. L’ultima volta è accaduto un annetto fa sopra Villar Perosa: “Un cane si era infilato in una grotta passando in una fessura di circa cinquanta centimetri e rimanendo bloccato: in cordata ci siamo calati nel buco e abbiamo scavato per ore con le mani per raggiungerlo” ricorda.

Il fuoco ha segnato anche la sua vita professionale: in pensione da tre anni, negli ultimi tempi ha lavorato per il servizio antincendio di una ditta: “Il mio impegno come vigile del fuoco mi ha dato anche una formazione professionale che poi ho speso nel mondo del lavoro”.

Nonno da pochi mesi, Caffaratti rimpiange solo una cosa: “L’aver dovuto mettere da parte la famiglia in diverse occasioni. Magari a tavola, davanti al piatto fumante, o in auto in partenza per fare qualcosa tutti assieme. Quando arrivava la chiamata dovevo lasciare tutti ed andarmene – rivela – senza poter dire con sicurezza quando sarei tornato”.

Elisa Rollino