Nessuno come Torino, in Italia, se si parla di cassa integrazione. E' un primato pesante, quello della città della Mole, alla luce delle ultime rilevazioni effettuate dal Servizio Lavoro, Coesione e Territorio della Uil Nazionale. E nel centro del mirino, ovviamente, c'è il mondo automotive: grandi aziende e tutta la filiera.
Boom di cassa integrazione in Piemonte
In Piemonte, infatti, dall'inizio dell'anno sono state richieste 33.551.869 ore di cassa integrazione, in aumento del 60% rispetto allo stesso periodo del 2023 e 855.644 ore dei fondi di solidarietà gestiti dall’Inps (che coprono i lavoratori privi di strumenti di sostegno al reddito). Complessivamente, quindi, sono state utilizzate 34.407.513 ore di ammortizzatori sociali (+54,5%). Il tutto mentre, nel resto del Paese, l'aumento si è "limitato" al 18,8%.
Torino la provincia più cassintegrata d'Italia
Cifre che collocano il Piemonte come quarta regione per ore richieste, dopo Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Ma per il suo capoluogo le cose vanno decisamente peggio: Torino è infatti di gran lunga, con 20.973.757 ore, la provincia più cassaintegrata d’Italia, seguita da Milano e Vicenza. L'aumento è dell'87%.
Nelle altre province Biella segna un +188,2%, Novara +148,7%, Asti +41,3%, Vercelli +33,6%. In diminuzione, invece, Verbania -6,7%, Alessandria -10,1% e Cuneo -35%.
Il peso dell'automotive (sulla filiera)
“I dati relativi alle richieste di ore di cassa integrazione, nei primi nove mesi del 2024, confermano lo stato di sofferenza del tessuto produttivo piemontese - dice Gianni Cortese, segretario regionale della Uil Piemonte -, maggiore rispetto al resto del Paese. Le transizioni in atto impattano particolarmente sul settore dell’automotive, investendo, oltre che l’unico produttore di veicoli, anche l’intera filiera della componentistica, a rischio di sopravvivenza per quasi metà delle imprese. Proprio in questi giorni aumentano le preoccupazioni di un possibile effetto domino indotto dagli annunci di licenziamenti che bisogna immediatamente bloccare con l’intervento del Governo".
Ma oltre al Governo, ci si attendono mosse anche a livello Ue: "È evidente che la situazione in atto in buona parte dell’Europa dovrebbe indurre la Commissione Europea a valutare attentamente il percorso del Green Deal e le misure necessarie per accompagnarlo. Servono strumenti specifici e finanziamenti cospicui, alimentati dal debito comune. La produzione industriale in Italia, giunta all’ennesima battuta d’arresto è più di un campanello d’allarme, che richiede scelte governative strategiche non più rinviabili, per preservare la nostra manifattura, ancora seconda per importanza in Europa e ottava nel mondo”, conclude Cortese.