Un 2024 sull'orlo del baratro. È dove si sono ritrovati, dopo un 2023 sostanzialmente positivo, le industrie torinesi della componentistica auto.
Non che non ce ne fossero alcuni segnali, anche se poco evidenti, ma ora i numeri parlano chiaro. E il comune denominatore è quello della scadenza al 2035 per lo stop alla vendita di motori diesel e benzina. E oltre un'azienda su tre ha capito che è il momento di cambiare strategia industriale. Lo dice l'ultima edizione dell'Osservatorio sulla componentistica di Camera di Commercio di Torino e Anfia.
Tutti spaventati dal 2035
"Il 2035 spaventa tutti. Più venti che brezze, più ombre che luci - dice Nicola Scarlatelli, per Camera di Commercio di Torino -. La cassa integrazione sta già dando indicazioni molto negative e non sono così sicuro che la politica dei dazi possa avere effetti positivi. Servono politiche attive e anche i costruttori dovrebbero rivalutare la loro posizione, anche con etica e responsabilità verso i territori".
"Elkann? Se sincero, non ha nulla da temere in Parlamento"
A questo proposito, è delle ultime ore la notizia che il presidebte di Stellantis, John Elkann, non andrà all'audizione in Commissione a Roma. "Elkann non va in Parlamento? Se fosse sincero e trasparente non avrebbe nulla da temere", sospira Scarlatelli.
Il crollo dopo un 2023 positivo
Le cifre tratteggiano un panorama di totale pessimismo. Il saldo tra ottimisti e pessimisti bel fatturato crolla del 32%, mentre per gli ordinativi si registra un -40% per quelli interni e del 30% per quelli esteri. Un'impresa su tre prevede un calo dell'occupazione e anche gli investimenti sono dati in calo del 19%. Soltanto l'aftermarket sembra soffrire meno, ma è un effetto anticiclico prevedibile, con le auto usate che vanno a sottrarre spazio a quelle nuove.
Tutte queste percentuali sono ancora peggiori se si ragiona in termini di Piemonte.
Un altro mondo, rispetto a un 2023 che aveva visto invece aumentare il fatturato del 5,9%. Ma gli addetti erano già in calo (-1,6%), segno che qualche scricchiolio era già ben udibile. Soprattutto se si parla di sistemiti e modellisti, che hanno visto crescere il fatturato del 9,1% a fronte di un calo degli addetti dell'11,2%. "Evidentemente - dice Scarlatelli - sono aumentate le vendite, ma le tecnologie sono state portate all'estero. Una strategia che non paga, anche se inizialmente fa ridurre i costi".
Una corsa al taglio dei costi che si riflette anche nella subfornitura: sono aumentati i lavoratori, nel 2023 (+3,7%), ma è calato il fatturato. Segno che i grandi produttori chiedevano maggiori volumi, ma a prezzi minori.
Diversificare (o fuggire)
Sta calando da quasi il 50% del 2021 al 42,3% la dipendenza di fatturato delle aziende della componentistica da Stellantis e Iveco, in Piemonte. Una quota superiore a quella nazionale, ma che delinea anche una diminuzione più rapida.
Ma soprattutto c'è chi ha capito che è il momento di cambiare le strategie: se un 15,3% delle aziende della componentistica dice di essersi già orientata su elettrico o idrogeno, sono il 34% quelle che prevede di cambiare.
Il 12% delle aziende, addirittura, sta valutando l'idea di abbandonare il settore automotive. Meno drastiche il 15%, che però si sta orientando verso le altre alimentazioni.
C'è anche un 21% che pensa di sottrarsi alle regole, andando a lavorare dove non valgono le norme europee.