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Val Chisone | 18 agosto 2024, 08:48

Dai mulini ai forni, Pragelato riscopre il suo pane

In una mostra al Museo del Costume e delle Tradizioni delle Genti Alpine

Una donna che sforna il pane a Pragelato

Una donna che sforna il pane a Pragelato

A Pragelato il Museo del Costume e delle Tradizioni delle Genti Alpine ospiterà fino al 29 settembre la mostra storico-fotografica ‘La tradizione del pane a Pragelato’. Un vecchio progetto di Ezio Giaj, scomparso nel 2023, personalità che si è dedicata a importanti iniziative nel Pinerolese.

“Ne avevamo già parlato l’anno scorso – ricorda Elena Ghezzi Matheod, della fondazione Guiot Bourg che gestisce il Museo di via Rivet 2 –. Avevamo realizzato la mostra sulle fontane di Pragelato e lì si era pensato che ci sarebbe stato bisogno di parlare anche dei mulini e dei forni, del pane”.

La mostra è costituita da 13 pannelli che mettono al centro il ruolo dei mulini e dei numerosi forni delle frazioni. Alla progettazione hanno collaborato Alessandra Maritano, compagna di Giaj, e Remo Caffaro, amico e sostenitore di Giaj, del Centro Arti e Tradizioni popolari del Pinerolese.

“Questi pannelli hanno delle fotografie molto belle del passato, dei nostri vecchi che facevano il pane con la paniera in spalla, dei vecchi mulini, dei vecchi forni, restaurati nel 2006 grazie ai contributi europei per le Olimpiadi”, racconta Ghezzi. Le 13 borgate di Pragelato – considerando solo quelle abitate, in totale sono 19 – hanno tutte un forno, dove in passato ciascuna famiglia a turno cuoceva l’elemento essenziale per la sopravvivenza, il pane. Una delle infornate più importanti di tutte era ‘’l tsalendòlë’, che avveniva attorno a metà autunno e serviva a cuocere il pane per tutto l’inverno. Gli uomini portavano le proprie fascine di legna per l’accensione, solitamente il giorno precedente a quello previsto per la cottura del pane. Le donne si occupavano di preparare l’impasto, per lo più di farina di segale, a volte miscelata con frumento e orzo. Si creavano delle forme rotonde di pane su cui si disegnava una croce, in segno di ringraziamento: “Oggi, nella festa della borgata, viene sempre fatto il pane, poi benedetto in onore del santo patrono.”

Per quanto riguarda i mulini, Giaj aveva pensato di ricostruire delle immagini di com’erano una volta. “Ora sono solo più ruderi. Nella mostra è però possibile osservare la cartina che parla di tutti i mulini che c’erano: dal primo mulino in Val Troncea arrivava l’acqua, ma poi ogni borgata aveva il suo mulino con la macina per fare farina e poi naturalmente pane.”

Sotto le fotografie sono presenti delle didascalie, con la descrizione di tutta la storia della lavorazione del pane. “Alcune sono tradotte anche in patois”, continua Ghezzi, parlando dei testi curati da Renzo Guiot, presidente dell’associazione culturale La Valaddo.

Sabina Comba

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