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Attualità | 18 aprile 2024, 06:59

"Con la neve di marzo abbiamo messo una pezza, ma l’inverno 2024 è stato il più caldo della storia del Piemonte”

A dirlo è il climatologo Luca Mercalli a margine di un convegno all’Istituto Des Ambrois di Oulx: “Le nostre città sono diventate invivibili. Il nostro corpo non è fatto per stare a queste temperature. Più che salvare il pianeta dobbiamo pensare a salvare noi stessi"

Uomo seduto in primo piano

Il climatologo Luca Mercalli

Il 2023 è stato l’anno più caldo della storia, con eventi estremi (vedi l’alluvione in Emilia Romagna) sempre più ricorrenti. Si continua a perdere una quantità di biodeversità tale da farci piombare piè pari all’interno della sesta estinzione di massa, mentre l’uomo continua a “mangiare” suolo per costruire quando si dovrebbe stoppare la cementificazione e, anzi, iniziare a pensare a uno smantellamento. 

Sono alcuni degli allarmi lanciati dal climatologo e divulgatore scientifico Luca Mercalli, rivolto agli studenti del Des Ambrois di Oulx, durante la prima conferenza “Il futuro sei tu. Fai la scelta giusta”, un progetto che intende creare un’agenda per la sostenibilità ambientale pensata per gli istituti scolastici, nel solco dell’Agenda Onu 2030

Non è catastrofismo, come sostiene Mercalli, ma una presa di coscienza generale rispetto al fatto che siamo di fronte a un’emergenza - che riguarda in primis la nostra salute - e come tale va trattata.

L'inverno più caldo in Piemonte


Per quanto riguarda il territorio piemontese le ultime precipitazioni nevose e piovose hanno tamponato una crisi idrica che si protraeva da qualche anno.

“Finalmente ha nevicato e abbiamo ricostituito le risorse idriche dopo quasi due anni di siccità estrema. - spiega Mercalli - Il 2022 è stato l’anno più asciutto della storia per il Piemonte e per il bacino del Po.”

"Ma i dati metereologici non annullano le criticità - è l’ammonimento di Mercalli - Occorre guardare i rilievi sullo sviluppo di lungo periodo: fortunatamente abbiamo messo una pezza, ma l’aumento termico prosegue in tutto il mondo, compreso il Piemonte. Quello che si è concluso è l’inverno più caldo della storia in 250 anni di misure di riferimento globali. Avere una temporanea tregua non significa aver guarito la malattia.”

La nuova 'normalità'

L’aumento esponenziale delle temperature degli ultimi giorni è andato ben oltre la media del periodo con gradazioni più vicine al periodo estivo che primaverile. Ma quale sarà la nuova normalità per il Piemonte?   

“Purtroppo non si può parlare di normalità - sostiene Mercalli - i trend di riscaldamento per ora non si fermeranno. Siamo un territorio con una grande componente di montagna e qui possiamo vedere subito le conseguenze: i nostri ghiacciai si stanno riducendo drasticamente, la durata dell’innevamento si riduce, complessivamente abbiamo perso un mese di neve sulle Alpi che si riflette sulla disponibilità di acqua per l’agricoltura. Abbiamo ondate di calore che rendono le nostre città invivibili. A Torino in estate si arriva frequentemente a 40 gradi, un fatto che non si era mai verificato prima del 2003.”

Le conseguenze del caldo

Come spiegato agli studenti un’esposizione prolungata a temperature superiori ai 30 gradi comporta un danno per l’uomo che non può vivere in queste condizioni. Inoltre le temperature alte veicolano il propagarsi di malattie nuove portate da zanzare tigre che sopravvivono a temperature elevate. 

La scelta giusta

Ma c’è la possibilità di fare ancora qualche “scelta giusta” per salvare il pianeta?

“Si può fare - conclude Mercalli - ma soprattutto per salvare noi stessi, più che il pianeta. Si tratta di consentire le condizioni di vivibilità del pianeta per la specie umana. Possiamo sicuramente evitare lo scenario peggiore, bloccando la situazione da un punto di vista climatico ed evitare variazioni esponenziali che possono durare millenni. Cominciare oggi, come dovrebbe fare tutto il mondo applicando l’accordo di Parigi e riducendo le emissioni, sarebbe un passo positivo. È come un’intossicazione: se si diminuisce la quantità di veleno si riducono anche gli effetti della malattia".

Daniele Caponnetto

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