Consigliera regionale del Pd, Monica Canalis in questi quattro anni e mezzo di legislatura si è impegnata su diversi fronti. Uno dei più importanti è sicuramente quello sul diritto alla casa. Nel 2022 in Piemonte ci sono stati 4mila sfratti e solo il 5% del fabbisogno di abitazioni è stato soddisfatto dall’edilizia residenziale pubblica.
In questo quadro l’esponente dem ha presentato una proposta di legge per migliorare il fondo sociale e i criteri di canone e decadenza, bocciata ieri dalla maggioranza di Alberto Cirio.
Canalis, quale era la forza della suo provvedimento, alla luce anche della crisi sociale in atto?
Questa proposta di legge era stata costruita insieme alle parti sociali, sindacati (Cgil, Cisl e Uil) ed enti del terzo settore: si trattava di un lavoro unitario. In questo momento, in cui l’edilizia residenziale pubblica risponde solo ad una piccola parte della domanda di casa, il Terzo Settore si trova ad attutire il colpo. Anche a Torino rimangono in lista di attesa di una casa popolare decine di migliaia di persone, che sono a rischio sfratto o già sfrattate e chiedono quindi soccorso al Terzo Settore: quest’ultimo si trova a fare impropriamente le veci della pubblica amministrazione, che invece non fa il suo dovere. C’è uno scarico di responsabilità da parte del pubblico.
Cosa prevedeva nello specifico la sua proposta?
Era un provvedimento molto puntuale, composto di quattro punti. Il primo chiedeva l’istituzione di una Commissione specifica sulla decadenza in tutte e tre le Atc del Piemonte. Le persone che sono ospitate nelle case popolari non sempre ottemperano al pagamento del canone. Se ci fosse un organo, le situazioni verrebbero analizzate per tempo e magari si farebbe prevenzione: coinvolgendo i corpi intermedi, si preverrebbe meglio il problema decadenza.
La sua proposta di legge prevedeva anche delle novità rispetto alla legge 3/2010 della giunta Bresso?
Sì, proponevo di aumentare la quota, di cui la Regione si fa carico annualmente rispetto alla morosità incolpevole degli assegnatari di casa popolare: attualmente siamo al 60%. Io proponevo di salire all’80%. Questo innalzamento era molto gradito dai Comuni. La mia proposta era stata analizzata dal Cal, Consiglio Autonomie Locali, che era entusiasta perché la Regione sarebbe venuta in aiuto.
Dal punto di vista economico, avrebbe determinato un grosso impegno della Regione?
Nel 2023 l’assessorato ha stanziato circa 8.6 milioni per la morosità incolpevole: con la mia modifica saremmo saliti a 11.4 milioni di euro, Hanno detto di no per appena tre milioni in più.
La terza proposta riguardava le bollette, un tema sentito anche dopo le proteste delle scorse settimane degli inquilini delle case popolari per richieste di conguagli esorbitanti?
Io chiedevo di uniformare le Commissioni sulle utenze nelle tre Atc, che oggi hanno un regolamento diverso, in modo che non fossero troppe differenze territoriali.
Uno dei punti più controversi della nuova legge della giunta Cirio sull’edilizia residenziale è che dà delle premialità a chi risiede nella nostra regione da 15, 20 e 25 anni per l’assegnazione dell’alloggio. Un provvedimento definito dalla stessa maggioranza “prima i piemontesi”
La legge regionale 3/2010 di Bresso fissava in tre anni di residenza il requisito minimo per presentare domanda di alloggio: Chiamparino ha poi aumentato la soglia a cinque. Io proponevo di tornare alla giunta Bresso, quindi a tre anni. La maggioranza di centrodestra dice che stiamo dando tutte le case popolari agli stranieri, ma non è vero: meno di metà delle assegnazioni dell’ultimo triennio sono ad extraeuropei. Noi dobbiamo basarci sul bisogno, non sulla nazionalità. Anche perché i bisognosi non spariscono, ma semplicemente vengono scaricati sul terzo settore: questa deresponsabilizzazione della Pubblica Amministrazione per me non è accettabile.
Canalis, oggi uno dei temi spesso poco considerati nella crisi attuale sono i “working poor”.
Sì, molte persone che lavorano sono povere, a differenza di 14 anni fa è necessario modificare la legge 3 del 2010 sull’edilizia sociale. Ci sono nuove persone che fanno domanda di case popolari, sono persone che hanno un contratto di lavoro, ma non trovano casa a causa del basso salario o della diffidenza dei proprietari, e non sono solo stranieri.
Ampliando il tema, a Torino secondo i dati Istat 2023 ci sono 78mila alloggi vuoti.
Il tema vero è che, per riuscire a dare una casa ad una nuova fascia intermedia “grigia” di popolazione, che è bisognoso di casa, è necessario incentivare i privati a dare in affitto la loro casa. Per farlo bisogna fare delle cose che la Pubblica Amministrazione non fa adeguatamente, come finanziare con fondi pubblici delle polizze assicurative che tutelino i proprietari privati. Spesso questi ultimi non affittano perché hanno sfiducia: in attesa di norme nazionali che tutelino maggiormente i proprietari, noi come Regione potremmo finanziare polizze assicurative sulla locazione. Con l’aiuto del terzo settore poi la PA può accompagnare il privato, in modo che non si senta solo nella relazione con l’inquilino.
Altre proposte?
Sicuramente bisognerebbe fare manutenzione agli alloggi popolari sfitti: tra Torino e provincia ce ne sono 800 vuoti per mancati interventi. Bisognerebbe riconvertire gli stabili pubblici vuoti come le caserme, così come coinvolgere le banche che hanno alloggi pignorati per creare meccanismi che mettano in circolazione appartamenti.
Chi attende una casa popolare spesso si lamenta che non c’è turnazione, famiglie che vivono lì da decenni, anche se non ne hanno più bisogno
Bisogna rafforzare il principio di rotazione: se una famiglia che vive negli alloggi popolari esce dalla povertà, bisogna accompagnarla verso l’uscita dalla casa popolare. Visto che dobbiamo perseguire le politiche di zero consumo di suolo, l’idea può essere anche quella di comprare alloggi sul mercato privato e poi di usarli come case popolari
Come giudica il provvedimento della giunta Cirio?
La legge di Caucino “prima i piemontesi” è una misura irrisoria, davanti ad una crisi epocale che stiamo vivendo: ed è anche molto pericolosa, perché nasconde una discriminazione.
E sul governo Meloni, quale è il giudizio?
Questo esecutivo non solo non ha modificato le norme per proprietari di alloggi e non ha fatto un Piano Casa, ma soprattutto ha azzerato sia nel 2023 che nel 2024 il fondo sulla morosità incolpevole ed fondo sostegno alla locazione. Come dato di confronto basti pensare che il governo Draghi nel 2022, solo per il Piemonte, aveva messo 25 milioni di euro a sostegno degli inquilini che non riuscivano a pagare l’affitto. Il Governo Meloni, dopo la minimizzazione del reddito di cittadinanza, con questi tagli sulla casa dimostra un accanimento verso i poveri. Noi dobbiamo lottare contro la povertà, ma senza colpevolizzare, criminalizzare o abbandonare i poveri a loro stessi e alle cure del Terzo Settore.