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Attualità | 17 febbraio 2022, 09:03

Il ‘falò della libertà’ dei valdesi di Pinerolo illumina la Castiglia di Saluzzo [FOTO]

Ieri sera la cerimonia per ricordare le ‘lettere patenti’ del 17 febbraio 1848, che conferirono i diritti civili e politici ai fedeli fino ad allora discriminati

Il ‘falò della libertà’ a Saluzzo

Il ‘falò della libertà’ a Saluzzo

Ieri sera (mercoledì), a Saluzzo, piazza Castello, e le antiche mura della Castiglia, sono state illuminate a giorno dal bagliore del ‘falò della libertà’.

La città, quest’anno, ha infatti ospitato la Chiesa valdese di Pinerolo, giunta nell’ex capitale del Marchesato per un momento di festa, ma anche di profonda riflessione. Il tutto di fronte ad un luogo simbolo: la Castiglia, l’ex carcere del Regno di Savoia all’interno del quale vennero rinchiusi anche molti valdesi del Piemonte occidentale.

Il falò, così come ormai vuole la tradizione, è stato acceso la sera della vigilia del 17 febbraio, data per le comunità valdesi ricca di storia e di significato. Il 17 febbraio 1848, il Re di Piemonte e Sardegna Carlo Alberto di Savoia firmava infatti le ‘lettere patenti’, accordando libertà civili e politiche a cittadini che fino a quel momento erano discriminati.

E da allora, da 174 anni, per questo anniversario i valdesi si ritrovano la sera precedente per l’accensione dei falò, fuochi di gioia che vennero accesi per la prima volta proprio nel 1848 per salutare la loro nuova libertà.

Dal palco di fronte al falò, le prime parole di Paolo Zebelloni, presidente del concistoro della Chiesa valdese di Pinerolo, sono state rivolte proprio all’Amministrazione comunale del sindaco Mauro Calderoni: “Grazie per darci la possibilità di fare i falò – è stato detto – in questa piazza ricca di storia. Qui celebriamo la concessione dei diritti civili ai valdesi, una festa civile, non religiosa, che ricorda quel passaggio storico che ha permesso ai valdesi di essere parte del tessuto sociale, ricchezza per il paese. Stiamo esercitando la memoria storica, e proprio qui non possiamo dimenticare quei quasi 5 mila valdesi su 8.500 che dalle prigioni della Castiglia non uscirono vivi. A loro non fu concessa la liberà, nemmeno la vita. E oggi celebriamo proprio la libertà, per ricordarci che questo dono immeritato ricevuto dai nostri padri, che hanno combattuto e spesso perso la vita, va difeso ogni giorno, tenacemente. La libertà diventa preziosa solo quando ci viene a mancare”.

Il sindaco Calderoni ha poi dato alla comunità valdese il benvenuto suo personale e di tutta l’Amministrazione comunale.

Quando gli amici della comunità valdese ci hanno proposto la realizzazione, qui, di questo momento di ricordo e di festa, abbiamo detto sì subito, con convinzione, perché pensiamo che il tema dei diritti e delle libertà sia quanto mai attuale. Non solo nel terzo e nel quarto mondo, dove sistemi antidemocratici impediscono a tutti l’espressione di libere opinioni. Ma anche nella civile e avanzata Europa, dove rigurgiti antidemocratici sono sempre più forti e presenti. In secondo luogo, fare qui questo falò ci sembra una piccola compensazione, troppo piccola, per le tante pene che le minoranze hanno patito in questo edificio (la Castiglia: ndr), in particolare la minoranza valdese. Un riconoscimento di ciò che è stato: tutti insieme, intorno al fuoco, riflettiamo su ciò che è stato, ciò che ci ha diviso e che ha portato lutto e tragedie. E facciamo in modo, tutti insieme, che non accada più.

Ribadisco alla comunità valdese la disponibilità di Saluzzo e di tutte le comunità dell’antico Marchesato a collaborare insieme, anche negli anni che verranno. Saluzzo c’è, noi ci siamo. Potete contare sul nostro contributo”.

La libertà – ha detto il consigliere regionale Paolo Demarchi – va coltivata ogni giorno, in mezzo alla gente. Sono qui per dimostrare come la Regione sia vicina alla comunità valdese e a tutti coloro che hanno sofferto negli anni privazioni, e che ora sono liberi. La libertà va insegnata e tramandata”.

Insieme a Demarchi, a rappresentare la Regione c’era anche il consigliere Alberto Avetta.

Ci sono minoranze – le sue parole – che anche in Italia e in Europa soffrono per le difficoltà nell’essere riconosciute. Credo che venire qua, stasera, sia un dovere per noi rappresentanti delle Istituzioni. Un dovere stare al fianco delle persone che hanno vissuto un’esperienza così drammatica. Oggi abbiamo la prova che quell’esperienza così drammatica ci sia stata. Facciamo dunque un esercizio di memoria importante, affinché anche i venti guerra che soffiano nella nostra vecchia Europa siano contenuti, raffreddati e dimenticati”.

Flavio Manavella, vicepresidente della Provincia di Cuneo: “A nome della Provincia voglio complimentarmi con il Comune di Saluzzo e con la Chiesa Valdese per l’organizzazione di questo momento. 15, 20 chilometri a nord da qui tutti sanno il significato di questo falò, perché lì la storia è stata vissuta da famiglie, ed il ricordo è un dovere ed è vissuto come tale: purtroppo però la storia fatta di eventi, e qui non più così”.

Vicinanza alla comunità valdese e al pastore Gianni Genre è stata poi espressa anche da Monsignor Cristiano Bodo, vescovo di Saluzzo. Bodo ha parlato a nome di tutta la sua Diocesi: “Questa sera abbiamo il simbolo della libertà e della dignità di ogni uomo e di ogni credente, soprattutto dei cristiani che professano i valori che guardano all’uomo nella sua interessa e i valori della vita. Credo che quanto successo in passato sia una vergogna che non potrà più tornare. Ricordiamo il passato per un futuro migliore, di dialogo, non solo ecumenico ma anche civile. Dobbiamo difendere i valori della libertà che proprio Gesù ci ha donato”.

A chiudere gli interventi e le riflessioni, di fronte alle fiamme ormai alte del falò, Alessandra Trotta, moderatora della Tavola valdese. Che ha parlato di “grande emozione”, estendendo il “sentito ringraziamento” all’Amministrazione comunale.

Questo luogo – ha detto – esalta lo spirito con cui ogni anno le comunità accendono i fuochi. Una tappa fondamentale del cammino del nostro paese verso il pieno riconoscimento dei diritti umani, fondamentali per tutti come valori fondanti della comunità civile. In giorni come questo speriamo si possa costruire il senso della comunità civile, che crede in questi valori fondanti. Qui (sempre rivolo alla Castiglia: ndr) abbiamo il simbolo del potere che in alcune fasi della storia è stato un potere oppressivo. La Castiglia è un luogo di prigionia ma che oggi, intorno al fuoco, ricordiamo per essere diventato luogo di piena partecipazione democratica. Oggi serve molta capacità di dialogo. Serve un patto davvero inclusivo affinché le persone sappiano crescere insieme e far progredire il Paese”.

Nicolò Bertola - TargatoCn.it

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