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Attualità | 29 dicembre 2021, 17:19

Mourglia saluta i suoi mutuati: “Ho coltivato una vocazione vicino ai luoghi della mia infanzia”

Impegnato nella vita sociale e politica di Luserna San Giovanni, quando si è candidato consigliere qualcuno scrisse sulla scheda semplicemente ‘Il mio dottore’

Il dottor Danilo Mourglia

Il dottor Danilo Mourglia

“A volte per sviluppare la propria vocazione non è necessario andare lontano” ad affermarlo è il dottor Danilo Mourglia, medico di medicina generale a Luserna San Giovanni per 38 anni, e che tra pochi giorni andrà in pensione. Il concetto l’ha enunciato durante la bicchierata organizzata per salutare i suoi pazienti, sabato 18 dicembre, in anticipo rispetto all’ultimo giorno di lavoro che sarà il 31.

“L’ho ribadito anche in quel momento, quando il sindaco, Duilio Canale, mi ha consegnato una targa per il riconoscimento del mio lavoro: ho avuto modo di sviluppare la mia vocazione a pochi metri dal campo di calcio dove da piccolo giocavo a pallone, e dai campi da tennis, dove mi allenavo”.

Mourglia infatti è originario di Torre Pellice ma, dopo una breve parentesi a inizio carriera a Pinasca e Inverso Pinasca, ha esercitato nel suo studio di via Roma 21 a Luserna San Giovanni, proprio in centro paese, nello stabile adiacente a quello del municipio, poco lontano dagli impianti sportivi.

Nel suo studio di via Roma continuerà a visitare nei prossimi anni come medico privato: “Porterò avanti un approccio ‘pastorale’ alla medicina: fatto di ascolto del paziente, in modo da poter prendermi cura della persona nel suo complesso”. Nel futuro però ha in progetto anche di riappropriarsi del tempo libero: “Sarà più semplice andare a trovare i miei due figli che vivono all’estero, e potrò dedicarmi alle escursioni in bici a pedalata assistita”.

Laureato nel 1981 e medico di famiglia – o come preferisce definirsi lui ‘di comunità’ – dal 1983, la sua vocazione nacque però nei decenni precedenti: “Ha origine nelle attese fuori dalle baite di montagna, in cui mi recavo con il mio zio medico a Pomaretto, Teodoro Peyrot, che a volte accompagnavo da bambino durante i suoi giri a casa dei pazienti”. Lo zio Peyrot è stato un modello per il giovane Mourglia: “Da lui compresi che erano importanti le capacità empatiche tanto che quella cliniche. A 5 o 6 anni mi regalarono la mia prima borsa da medico”.

Ma anche suo padre, Giovanni Mourglia, diede un contributo alle cure mediche sul territorio: “Non era dottore, ma chimico industriale. Tuttavia fu molto attivo nella raccolta fondi per la ristrutturazione degli ospedali valdesi, presiedendo l’associazione ‘Amici dell’ospedale’”.

L’impegno per il territorio in cui vive e lavora portò Mourglia a candidarsi come consigliere comunale negli anni Novanta: “Venni eletto come consigliere di minoranza prendendo il maggior numero di preferenze: alcuni lusernesi andarono a votare scrivendo semplicemente sulla scheda elettorale ‘Il mio dottore’ – sorride – e in alcune sezioni lo ritennero valido”.

Tra le soddisfazioni del dottore, c’è il fatto di aver contribuito a portar fuori dall’ospedale di Torre Pellice le pazienti con patologie psico geriatriche: “Era all’inizio degli anni ottanta e decidemmo di creare per loro una comunità a Villa Olanda per farle uscire dal reparto”. Mourglia è stato anche tra i fautori della nascita del centro diurno Alzheimer al Rifugio Re Carlo Alberto di Luserna San Giovanni: “Al Carlo Alberto fui medico di struttura dal 1992 al 2001 e nel 1997 cominciammo a chiederci come migliorare l’assistenza alle persone colpite da demenza. Viaggiammo in Svizzera, Francia e Italia del nord per studiare le eccellenze e metterle poi in pratica da noi”.

Fino alla scorsa settimana il dottore è stato impegnato anche nella formazione dei suoi giovani colleghi: “Sono stato tutor per la formazione in medicina generale e l’ultimo giovane medico ha finito il suo percorso solo la settimana scorsa. È stata una soddisfazione per me ricevere in questi giorni le loro lettere di saluto e ringraziamento”.

Nonostante gli anni in cui il lavoro si è fatto difficile a causa della pandemia, il dottore continua a nutrire una grande fiducia nel futuro: “Quando avevo quarant’anni i vecchi medici di allora ci dicevano con malinconia: ‘Oggi non c’è più la medicina di una volta...’, io invece ho imparato dai miei figli un altro atteggiamento: se fosse vero che il passato è sempre meglio, allora il top dell’umanità sarebbe l’uomo di Neanderthal”.

Elisa Rollino

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